Morello: “La boxe non è una nobile arte. I bulli? Mi sono vendicato. Con Serena Brancale sto bene”

ROMA — “Non ho mai capito perché la boxe è chiamata la nobile arte. Non capisco cosa ci sia di nobile in due che salgono sul ring pronti a gonfiarsi di botte. Noi pugili siamo la versione nuova dei gladiatori, libera perché la scegliamo. E non prendiamoci in giro, la violenza fa parte dell’uomo, devi solo controllarla e impararla a gestire”. Dario Morello, calabrese di Fuscaldo Marina, in provincia di Cosenza. Non usa mezze misure. Parla del pugilato, della sua storia e del suo avversario, Yassim Hermi. I due saranno sul ring sabato al Centro Pavesi di Milano in un evento organizzato da Taf (The Art of Fighting), in paio il titolo italiano dei pesi medi.
Morello, una vigilia piena di provocazioni e storie tese con il suo avversario.“Se vogliamo estenderci a un pubblico che non è solo di appassionati dobbiamo dargli un motivo di interesse e a volte un po’ di scena non guasta. Però Hermi fa eccezione, lo tengo sul c…. veramente. È un bullo di periferia, in conferenza stampa voleva darmi uno schiaffo. Voglio proprio vedere se riesce a darmelo sul ring”.
Dichiarazioni che farebbero pensare a una storia sofferta, da boxe americana.“È fuori strada. Da bambino ero un bamboccione viziato da mamma e nonne, mangiavo come un maledetto e tutto mi era concesso. Caratterialmente ero molto socievole, ma c’era sempre il bulletto di turno che rompeva le scatole. All’inizio niente di che, poi la situazione è peggiorata fino a diventare bullismo”.
Insomma, troppo buono.“Ho vissuto l’estromissione dal gruppetto, l’isolamento, la vessazione, la mancanza di serenità nell’andare a scuola. Io emotivamente andavo avanti, ero più maturo della mia età, ma ci soffrivo”.
E come ne è uscito?“Facendomi giustizia da solo. Non è stato un problema, visto che mi ero avvicinato al pugilato perché mio padre faceva sparring agli agonisti della palestra di mio zio. Avevo solo 4 anni ma stare lì dentro mi piaceva, impazzivo all’idea del combattimento”.
Giustizia da solo. Non le pare una frase un po’ forte?“Mio nonno mi diceva sempre di non allargare le questioni e sbrigarsela in proprio. Oggi il modello educativo secondo me è troppo protettivo e finisce per favorire i bulli. E la gente, magari perbenista, se vede uno che picchia un altro invece di intervenire e dagli uno schiaffo si mette a fare il video delle violenza…”.
Lei è una sorta di emigrante del ring. Vive a Bergamo, come ci è finito?“Per amore. Appena passato professionista, a 21 anni, conobbi una ragazza di Bergamo che gestiva la comunicazione di Dolce&Gabbana Italia Thunder. E l’ho seguita”.
A proposito di amore, la sua attuale compagna è la cantante Serena Brancale, apprezzata anche all’ultimo festival di Sanremo.“Non è frequente che un pugile ai giorni nostri si metta con personaggi famosi. Siamo un’eccezione, insieme stiamo bene”.
Torniamo alla boxe, quella italiana come è messa?“Fuori dai confini diventa un altro sport. È come se non professionisti di fatto si confrontassero con professionisti. Magari vieni chiamato a fare un match nel quale non hai possibilità, solo che se qualcuno vede due euro in più pensa alla borsa della vita e va. Invece la boxe domestica andrebbe valorizzata, fatta crescere e esportata solo se all’altezza. La verità è che troppo spesso gli italiani sono considerati i manovali del ring”.
Ha la soluzione al problema?“Semplice, fare della boxe una professione. Non puoi competere con uno che ha 30 tra fisioterapisti, allenatori e nutrizionisti. Io ad esempio sono l’allenatore di me stesso, ho un team di persone preparate con il quale mi confronto”.
Guido Vianello è andato negli Usa e sta facendo un’ottima figura.“Guidone è un amico, ma rappresenta l’eccezione. Non è andato in America a cercare fortuna, è stato selezionato da un manager che ce lo ha mandato. È arrivato già da padrone di casa”.
Lei vive solo di pugilato o sta pensando anche al dopo?“Potrei anche campare solo di boxe, ma penso al dopo. Dal 2017 ho uno studio di personal training, ho sempre tenuto un certo tenore di vita e vorrei continuare a mantenerlo”.
Una cosa della boxe che la fa arrabbiare?“Quando mi chiedono i biglietti gratis per il match, peggio se lo fa un amico. Io per salire sul ring faccio sacrifici, e se li compri mi fai campare meglio. Ma poi si lamentano per spendere 50 euro e magari nel fine settimana ne buttano 200 euro in drink per corteggiare una ragazza che manco se li fila…”.
La sua massima aspirazione in carriera?“Intanto batto Hermi, pensando oltre mi vedo in lizza per un titolo europeo. A livello mondiale invece proprio no, il livello è talmente alto che dovrei salire sul ring armato per spuntarla”.
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